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Arte del descrivere. Scienza e pittura nel Seicento olandese

[The Art of Describing], traduzione di Flavio Cuniberto


Torino, Boringhieri, 1984, Saggi. Arte, letteratura, comunicazione e linguaggio
cm 22.3x14.5, pp. XVIII-416-(4), 177 illustrazioni in b/n fuori testo, una tavola a colori in antiporta, tela e sovracoperta illustrata
Prime edizione italiana. Perfetto esemplare >>>

€ 50

INDICE

Presentazione di Enrico Castelnuovo, VII
Prefazione, XVII

Introduzione, 1
1 Constantijn Huygens e 'Il nuovo mondo', 19
2. 'Ut pictura ita visio': il modello kepleriano dell'occhio e la natura del raffigurare nell'Europa del Nord, 44
3 'Con mano schietta e occhio fedele': l'abilità tecnica del rappresentare, 142
4 La vocazione cartografica dell'arte olandese, 195
5. Parole da guardare: le raffigurazioni di testi nell'arte olandese, 276
6. Vermeer e Rembrandt, 364
Appendice: L'interpretazione emblematistica dell'arte olandese, 372

Note, 377
Indice analitico, 407


Svetlana Alpers ha scritto un libro di grande ambizione teorica: per la prima volta il rapporto tra scienza e attività artistica non è solo asserito, ma dimostrato. La storia dell'arte, dice la Alpers, si è costituita attorno a un grande fenomeno, l'arte italiana del Rinascimento.


A sua volta la critica d'arte, in particolare l'iconografia e l'iconologia del filone Warburg - Panofsky - Gombrich, ha costruito le sue categorie per interpretare l'arte italiana del Rinascimento. Ma questa non è tutta l'arte né è identificabile con l'arte "nordica". L'arte italiana è narrativa, nel senso che da consistenza visiva a quel che si trova scritto nei libri, nella storia sacra e nelle leggende degli antichi. L'arte nordica, e quella olandese in particolare, è invece descrittiva, nel senso che rappresenta la realtà così come essa è. Il passaggio dalla forma italiana alla forma olandese di pittura ha per la Alpers
ragioni culturali e sociali (nell'arte olandese non c'è un committente, ma un mercato per il quadro già fatto), e soprattutto scientifiche (una filosofia della natura "oggettivista" e l'elaborazione dell'ottica kepleriana).
L'incanto speciale del libro è nella duttilità con cui questo assunto teorico si piega agli aspetti più segreti e in apparenza più marginali della pittura olandese del Seicento: la presenza costante dei nuovi strumenti ottici, l'amore per l'illustrazione documentaria, la passione calligrafica e soprattutto cartografica, che culmina nelle grandi carte di Vermeer. E se Vermeer è il compendio e il vertice di questa civiltà figurativa, Rembrandt è l'antagonista, il grande isolato immerso in un suo sogno metafisico nel vivo di una società mercantile e in fondo epicurea, mai sazia di contemplare le meraviglie del visibile e di perseguirne, borghesemente, il possesso.
A questa avventura dello sguardo le splendide illustrazioni forniscono molto più che un debito sostegno visivo: l'intelligenza dei confronti ne fa un vero testo nel testo, dove il piacere estetico si risolve in raffinata esperienza intellettuale.

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